SUL FENOMENO DELLA CITAZIONE NEL JAZZ.
< Recuperare il passato, focalizzarsi su un dettaglio, far rivivere antiche emozioni, creare tensioni, stringersi in un grido di protesta o in un tacito assenso. In una sola parola, la citazione.
L'arte della citazione è un esercizio spirituale oltre che un potente espediente tecnico che appartiene a tutti e a qualsiasi disciplina artistica musica, pittura, cinema, poesia... >
“Citare” deriva dal latino citare che sta per “mettere in movimento”, far passare - un
“oggetto” - dallo stato di riposo a quello motorio. Ampliando il significato, citare è far
tornare alla luce qualcosa che appartiene al passato. Non tutto è citazione ma solo ciò che
ha senso, ciò a cui si attribuisce valore, su cui si può costruire una coerenza testuale, su
cui scrivere frammenti di discorso. Ed è appunto quello che succede per un’immagine, un
autore, una composizione caduti nell’oblio del tempo e che riemergono, fondendosi con il
presente, per un nuovo uso.
Lo studio del fenomeno della citazione in musica è abbastanza generoso di contributi di un
notevole interesse scientifico. Nell’ambito degli studi classici, buona parte di essi ha
indagato sul terreno del processo compositivo e sulle relazioni tra il testo, il compositore e
la funzione della citazione.
Nell’ambito degli studi sul jazz il contributo scientifico di riferimento sul fenomeno della
citazione è quello di David Metzer - “Quotation and cultural meaning in Twentieth-Century
Music - : Metzer è il primo ad affrontare il problema spostando la questione sul terreno irto
dell’improvvisazione e sullo stretto rapporto che gli “improvvisatori” hanno instaurato con la
tradizione. Non solo. La disamina dei casi di prestiti melodici riportati da Metzer, mette in
luce l’aspetto più significativo della citazione, cioè, la sua “funzione” che, negli esempi
trattati nel libro, risponde a precise motivazioni di natura concettuale. Questo tipo di
citazione si diffuse a partire dalla prima dell’Ottocento, con gli autori del primo
romanticismo: com’è ben approfondito nel libro di Andrea Malvano, - “Voci da lontano.
R.Schumann e l’arte della citazione” - si tratta del caso in cui alla citazione è affidato il
compito di veicolare un concetto culturale, filosofico o estetico. Le citazioni dotate di
questa funzione aiutano a percepire l’ideale poetico che sta dietro l’intera composizione in
cui sono inserite. Nel caso specifico di Mingus, se pensiamo al ricorrente inserimento di
citazioni o allusioni nella sua musica come unità compositive, funzionali alla logica della
discorso, non si può non considerare la chiave di lettura dell’universo mingusiano fornitaci
da Stefano Zenni il quale individua proprio nella pluridiscorsività e plurivocità del romanzo
di Bachtin la strada per una riflessione sul pensiero musicale di Charles Mingus e, in
generale, sulla musica afroamericana.
La prima esecuzione dal vivo di Fables of Faubus nella nuova veste, eseguita in sestetto con Eric
Dolphy, è quella del 1964 alla Cornell University: una delirante esecuzione nella quale
Mingus trasforma il chorus AABA in un percorso ricco di episodi, deviazioni e una
generosa lista di allusioni: dalla Marche Funebre di Chopin a Grieg passando per alcune
delle citazioni più celebri della storia del musical e del cinema americano, tutte dotate di
una forza espressiva corrosiva e di un’ironia sentenziosa per la condizione di subalternità
della razza nera.
Quello di Fables of Faubus non è un caso isolato di citazione nella
vastissima produzione di Mingus. David Metzer, nel suo Quotation and cultural meaning in
19th Century music, riporta la cronaca del concerto di Stuttgart del 1964, ultima tappa del
tour europeo: una perfomarce di Fables of Faubus di venticinque minuti in cui Mingus cita
un breve frammento del tema di “Dixie”. Un tema appena accennato e subito abbandonato
come fosse un nastro interrotto. Mingus lascia così quella melodia strappata, lacerata
come la dignità del Vecchio Sud, terra del “Dixie”, per riprendere il suo assolo virtuoso,
ricco di blue notes e variazioni timbriche.
Fables of Faubus (C.Mingus. "Cornell 1964, Blue Note").
Black and Tan Fantasy (D.Ellington)
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